Ci siamo, praised be. Finalmente è arrivata la quarta stagione di The Handmaid’s Tale e, finalmente, possiamo tornare a tremare come si deve. A un anno e otto mesi dal finale della terza stagione, lo show distopico e crudele che tutti amiamo ma che tutti temiamo, torna con la 4×01: Pigs. Dopo un finale, quello della terza stagione, che mi aveva lasciata con le lacrime agli occhi. Lacrime di felicità, per quelle bambine finalmente giunte nel posto in cui possono vestirsi come vogliono. Lacrime di felicità per tutti quei bambini riuniti con i propri genitori. Di commozione per Rita che, scesa dall’aereo, bacia la terra, grata ed incredula di essere fuggita agli orrori di Gilead. Ma anche lacrime di tristezza, per Luke che spera di vedere sua figlia Hannah scendere dall’areo ma che, invece, rimane deluso nel non vederla.
Non solo. Nel finale della terza stagione anche il colpo di scena dell’arresto di Fred Waterford, ingannato da Serena, ma anche l’arresto della stessa Serena per crimini contro l’umanità. Insomma, un cambio netto di tutte le carte in tavola che fino a quel momento sembravano sistemate ormai perfettamente. E’ così che riprende la quarta stagione, e così che inizieranno le mie recensioni che – spero – vi accompagneranno fino alla fine di questa nuova stagione. Inutile dire che ci saranno degli spoiler, quindi consiglio di leggere le recensioni una volta visti gli episodi.
Fred e Serena: i lupi perdono il pelo… ma anche il vizio?
L’episodio si apre con Fred e Serena Waterford in una stanza sotto il controllo della polizia. Tuello entra ad informarli dell’arrivo dell’aereo con 86 bambini salvati da Gilead per mano di June. Entrambi i coniugi sembrano ovviamente indignati e oltraggiati, mentre Tuello sembra chiaramente sbattergli in faccia la realtà: quei bambini sono stati salvati dalle atrocità di uno Stato barbaro e crudele. Sono al sicuro, finalmente, anche se non hanno più una casa per colpa di gente come i Waterford.
Tuttavia, anche in una scena del genere, si percepisce in modo molto vivido il cambiamento del personaggio di Serena. Già solo il fatto che non consenta al marito di parlare per suo conto sembra far sperare che si sia finalmente resa conto di quanto il suo ruolo fosse sbagliato e di quanto tutte le sue scelte fossero atroci sotto ogni punto di vista. Fred, d’altra parte, non sembra essere cambiato per nulla ma, al contrario, sembra sempre più convinto della sua posizione.
Personalmente, le scene con Yvonne Strahovski e Joseph Fiennes mi piacciono da matti. Trovo entrambi di una bravura immensa e ad ogni battuta ho i brividi per quello che potrebbero dire e fare. Dai loro personaggi, per i quali ovviamente non nutro la stessa stima che ho per gli attori, mi aspetterei davvero di tutto. E probabilmente è per questo che mi piacciono tantissimo.
June, lo sconfinato amore materno e un nuovo personaggio ambiguo, Mrs Keyes
Se Fred e Serena in questo episodio sono poco più che delle comparse, la vera protagonista torna ad essere June. Con la sua tenacia e la sua forza, June continua quella lotta di resistenza iniziata ormai da tre stagioni. Insieme ad altre ancelle del mayday si dirige verso le campagne meno battute dai comandanti e dalla polizia di Gilead, dove trova rifugio presso la famiglia Keyes.
Ed è proprio qui che, secondo me, incontriamo uno dei personaggi che più ambigui visti fino ad ora: Mrs Keyes. La giovanissima Esther Keyes, interpretata magistralmente dall’altrettanto giovanissima Mckenna Grace, è la moglie bambina del Comandante Keyes. Una ragazza nel pieno della sua adolescenza, non ancora adulta, costretta a diventare una moglie e ad essere vittima di stupri e violenze come da tradizione di Gilead. Esther Keyes si mostra subito come un personaggio particolare, pieno di sfaccettature, all’apparenza buona ma non per questo meno temibile di tante altre mogli.
Il suo essere una ragazza, poco più che una bambina, assetata di vendetta è inquietante. Sebbene sia del tutto comprensibile e si riesca ad empatizzare con lei, specie dopo aver ascoltato la sua storia, ho paura che possa lentamente rivelarsi come uno di quei personaggi buoni che finiscono per diventare peggio dei veri e propri villain.
Nonostante ciò, non possiamo che addolcirci un attimo quando, dopo aver brutalmente ucciso uno degli uomini che abusò di lei, si presenta in camera di June tutta sporca di sangue e la abbraccia. Il titolo dell’episodio, Pigs, e fa riferimento all’uccisione del maiale della famiglia Keyes ma anche all’esplicitazione della violenza di Mrs Keyes nei confronti dell’uomo che l’aveva violentata, ucciso anche lui come un maiale, ma con molta meno pietà di quella riservata all’animale.
Nel momento in cui Esther Keyes, dopo averlo ucciso a colpi di coltello, si presenta nella camera di June, non sappiamo cosa pensare. In quel momento vediamo una bambina. Una bambina costretta a crescere prima del tempo, costretta a vedere orrori che nessuno dovrebbe mai vedere. Una bambina il cui unico desiderio è quello di liberarsi dalle catene di una società così brutalmente malata e che trova nella violenza l’unico modo per farlo. Come biasimarla? Io stessa, in almeno metà degli episodi di The Handmaid’s Tale, ho l’istinto di entrare nello schermo e picchiare gran parte dei personaggi.
Zia Lydia: l’anima del maschilismo di Gilead è donna
Uno di quei personaggi che proprio non riesco a sopportare, infatti, è zia Lydia. In questo episodio la ritroviamo giudicata da una commissione di Comandanti. La situazione, già di per sé paradossale se pensiamo che di solito è lei a giudicare tutti, diventa ancora più assurda quando zia Lydia si trova in accordo con l’intera commissione. Non solo, infatti, li ringrazia perché le consentono di tornare alla sua vita di tutti i giorni, ma prova una specie di brivido di piacere nel sentire uno dei Comandanti riferirsi alle Ancelle come puttane peccatrici. Zia Lydia quindi rincara la dose, addossando tutte le colpe su June e chiedendo di poter essere lei a fare giustizia.
Per tanto tempo abbiamo voluto saperne di più sul suo personaggio. Perché zia Lydia è un personaggio ambiguo e dal quale ci saremmo potuti aspettare una storia di tristezza e solitudine che non aveva nulla a che fare con il becero bigottismo che incarna. Invece, ahimé, avevamo tutti torto. Zia Lydia è semplicemente il personaggio più bigotto e maschilista dell’intera serie, un personaggio a cui non riesco a trovare un lato positivo e per cui non riesco a provare empatia, al pari dei Comandanti.
Comandante Lawrence: uno spiraglio in fondo al tunnel o una grande minaccia?
Ma passiamo, invece, ad un altro personaggio ambiguo ma che mi piace molto. Parliamo del Comandante Lawrence, abile stratega e personaggio dall’animo imperscrutabile. Non si riesce mai a capire cosa gli passi per la testa, non si riesce mai a capire da che parte stia. In realtà, appunto, il Comandante Lawrence non sta dalla parte di nessuno. Letteralmente. Sta dalla parte di ciò che gli sembra giusto e, contemporaneamente, di ciò che gli consente di sopravvivere.
Vigliaccheria? Comodità? Secondo me è qualcosa che va oltre. Istinto di sopravvivenza, intelligenza o semplice abilità da stratega. Ciò che è certo è che non sappiamo come potrà evolversi la sua storyline e come questo potrà influire sul percorso di June. Continuerà ad aiutarla, fingendo di essere dalla parte di Gilead oppure aiuterà gli altri Comandanti nei loro intenti, mettendo a loro disposizione tutte le sue conoscenze?
Ottima partenza, ma ancora è presto per parlare…o quasi!
Ancora non possiamo dire nulla con certezza. Il primo episodio inizia e finisce con facilità, senza intoppi e senza momenti morti. Un inizio di stagione ragionato, senza troppi colpi di scena (anzi, senza alcun colpo di scena), con la giusta dose di tensione che preannuncia una stagione da gustare lentamente. Perché le cose non saranno facili e il lieto fine non sarà scontato. Ma possiamo affermare con certezza che, comunque le cose andranno, The Handmaid’s Tale non smetterà mai di essere un piccolo – grande – capolavoro.
2 pensieri su “Recensione The Handmaid’s Tale 4×01 – Pigs”