Recensioni, Serie TV

A tre anni dalla fine: cosa ci ha lasciato Once Upon a Time?

Oggi sono esattamente tre anni da quando Once Upon a Time è finita per sempre. Devo ammetterlo, è stato un durissimo colpo. Non perché non dovesse finire, purtroppo l’ultima stagione non si reggeva in piedi neanche con le grandissime forzature che sono state fatte. Ma Once Upon a Time, per molti di noi, è stato qualcosa di molto difficile da descrivere. Una di quelle serie come ormai non se ne vedono più. Figlia della vecchia scuola che voleva stagioni lunghissime, cast corale, episodi standardizzati che non andavano oltre i 45 minuti. 

Il finale di serie di Once Upon a Time ha segnato, letteralmente, la fine di un’era. Almeno per tutti i telefili accaniti che, come me, non vedevano l’ora che fosse lunedì mattina per trovare l’episodio in streaming. Ed è grazie a Once Upon a Time, si può dire, che è nata Telefilia. Nel lontano 2015, quando ho avuto la possibilità di iniziare a scrivere per Forelsket, la mia prima rubrica – per l’appunto, Telefilia – era dedicata alle recensioni di episodi e iniziai proprio con Once. Non posso dire altro se non che la porto davvero nel cuore. Ma cosa ci ha lasciato Once Upon a Time a distanza di tre anni dalla sua fine?

Una serie mai stata perfetta…

Partiamo con il dire che Once non è mai stata una serie perfetta. La sceneggiatura era buona, ma non ottima, e le stagioni riproponevano gli stessi schemi con una nonchalance incredibile. Ogni stagione qualcuno perdeva la memoria per via di un incantesimo, per poi recuperarla intorno al finale di stagione e tornare – più o meno – a vivere felici e contenti. Ovviamente lo sto banalizzando, se è una delle mie serie TV preferite ci sarà un motivo. Di certo non era così noiosa come potrebbe sembrare da questa descrizione. Il fatto è che Once era una serie sulle fiabe, vista da fuori, ma una volta entrati era davvero molto di più. Era una serie sull’amore in tutte le sue sfaccettature, sulla speranza, sulla redenzione. 

L’espediente dei personaggi delle favole, che spesso passano da eroi a cattivi e viceversa in un batter d’occhio è probabilmente la metafora più inflazionata per descrivere la crescita e la redenzione di un personaggio. Ma per quanto sia inflazionata, è la più potente ed immediata. Once ruota completamente intorno alla redenzione. Tutti i suoi personaggi, quel cast meravigliosamente complesso, fanno un proprio percorso che ha un fine molto più ampio del semplice diventare buoni. Sebbene alcuni personaggi fossero, ovviamente, stereotipati, ce ne sono stati alcuni che hanno segnato indelebilmente l’intera produzione. 

…con personaggi tutt’altro che perfetti

Parliamo di Regina, ad esempio, che nel corso delle stagioni si è inesorabilmente fatta strada all’interno dei nostri cuori. Le sette stagioni di Once percorrono la sua evoluzione da Evil Queen a Good Queen e ci regalano forse l’unica nota positiva di tutto il finale di serie. Regina non è mai stata davvero cattiva. Ha fatto delle cose spregevoli e questo ha fatto di lei una persona orribile agli occhi degli altri. Ma il buono che era in lei è sempre stato presente, pur essendo soppiantato, ad un certo punto, da un tipo di perfidia tutta sua. L’odio di Regina per Biancaneve ha radici profonde e, ad essere sinceri, è anche quasi comprensibile. Non giustificabile, sia chiaro, ma comprensibile dato che per colpa dell’ingenuità di Biancaneve, Regina si ritrova a perdere l’amore della sua vita. Il percorso di Regina è uno dei più tortuosi di tutta la serie ma anche il più avvincente e sicuramente quello di cui tutti abbiamo il ricordo più bello. 

Ma Once non è solo Regina. Once è (stata) una coralità di personaggi da far venire i brividi, ognuno con le sue sfaccettature, le sue forze e i suoi traumi. Dalla storia di Rumplestilstkin abbandonato dal padre, quel padre incapace di amare che si trasforma poi in Peter Pan, uno dei personaggi che ho amato di più in tutta la serie. Un figlio abbandonato, Rumpelstilstkin, dal padre e anche dalla madre, una perfida strega che rapisce i bambini appena nati e che conosciamo nella sesta stagione, quando rapisce proprio suo nipote Gideon. Once è la storia di tante famiglie che si incontrano, una specie di This Is Us in versione fantasy dove alla fine tutti fanno sempre la scelta giusta e l’amore, finalmente, trionfa sempre. 

L’unicità di una storia che tutti conosciamo ma che amiamo sentirci raccontare di nuovo

E’ stata la storia di genitori e figli che si perdono e si ritrovano. Di abbandoni e ritorni a casa. Di Emma, la figlia del vero amore, condannata ad una vita solitaria e che condanna, a sua volta, suo figlio ad una vita lontana da lei. Senza sapere, però, che quella è l’unica strada per stare davvero insieme. Once è stata la storia di ognuno di noi, di persone che si amano, che commettono errori e che poi si salvano a vicenda. Una storia di tante storie, di eroi e antieroi, di miti e leggende che diventano realtà. Once ci ha insegnato a credere nella magia, nel potere della fantasia, nelle parole di una storia, con il personaggio di Henry, forse uno dei più riusciti anche se lo capiamo solo alla fine.

Once è stata una storia che tutti già conoscevamo. I principi, le principesse, i draghi e i cavalieri. Niente di nuovo, se non fosse che ci ha mostrato quanto ogni anima sia unica nel suo genere, anche quelle che crediamo più oscure. L’oscurità e, per estensione, la malvagità possono entrare in ognuno di noi, se gliene diamo l’opportunità. Ma con le persone giuste accanto a noi, tutti possiamo redimerci e migliorare. Questo credo sia l’insegnamento più grande che una serie sulle favole potesse darci.

A tratti è stato melenso, lo riconosco. Ma non c’è stato episodio, almeno fino alla sesta stagione, dove non mi sia emozionata. Un po’ per le mie favole preferite, un po’ per le trame a tratti strappalacrime, ma Once è stata letteralmente un pezzo della mia vita. L’universo seriale, da quando è finita, non mi sembra più lo stesso. Nonostante le sue imperfezioni, nonostante le ripetizioni inutili, i buchi di trama, Once è sempre stata lì, presente, imponente, confortante. Oggi, a distanza di tre anni dalla fine, posso veramente dire cosa ci ha lasciato: tanta nostalgia nelle favole ma tanta consapevolezza che anche il personaggio più cattivo può dimostrare di avere il cuore più grande di tutti. 

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