Come promesso, continuiamo con le recensioni della quarta stagione di The Handmaid’s Tale, con l’episodio numero 5: Chicago.
Personalmente, il titolo dell’episodio mi aveva dato una certa speranza che le cose potessero prendere una piega non dico buona ma almeno positiva. Purtroppo per noi, invece, anche questa volta Gilead si rivela essere infida e malvagia, facendoci vivere gli ultimi dieci minuti dell’episodio con il cuore – letteralmente – in gola.
Un episodio semplice, che sembra lento ma che alla fine termina senza che neanche ce ne accorgiamo, lasciandoci sospesi nell’attesa di sapere cosa ci sarà dopo. Ma andiamo per gradi. La 4×05 di The Handmaid’s Tale continua a toccare temi etici particolarmente interessanti, a mio avviso. Dov’è la linea di demarcazione tra volontà e sottomissione? Come possiamo capire se la nostra mente sia stata plagiata? E, soprattutto, ammesso che riuscissimo a capirlo, potremmo mai riprendere a vivere come prima?
La persistente ambiguità del Comandante Lawrence: villain o eroe?
Iniziamo subito con uno di quelli che, lentamente, sta diventando tra i personaggi più interessanti di tutta la serie: il Comandante Lawrence. Non apprezzo la crudeltà del regime di Gilead, non c’è neanche bisogno di ribadirlo, ma la sua figura è molto particolare. Nick lo salva da morte (quasi) certa perché lui lo aiuti a salvare June. Lawrence riesce, grazie al gossip di Zia Lydia, che vediamo più determinata che mai a riavere il proprio posto, a sedere di nuovo nel Consiglio dei Comandanti.
Continuiamo a chiederci per tutto l’episodio cosa abbia in mente Lawrence. Vuole salvare June? Ormai ne siamo quasi certi. Speriamo che si sia infiltrato nuovamente tra i Comandanti per provare a distruggerli dall’interno. Finché, però, non lo sentiamo parlare di un bombardamento ai danni dei civili nelle zone ribelli. Un bombardamento che, sia noi che loro sappiamo, colpirebbe anche June che ormai si trova a Chicago.
Cosa sta succedendo? Quali sono le vere intenzioni di Lawerence? E’ un villain o sta dalla parte dei buoni? Purtroppo credo che non possiamo ridurre ad una definizione così semplicistica un personaggio che, ad oggi, sembra scritto in modo magistrale. Lawerence è colui che ha aiutato a gettare le basi ideologiche del modello di società di Gilead. E’ un inventore, uno stratega, molto molto abile. La sua caratteristica principale, leggendolo tra le righe, è saper dare agli altri quello che vogliono avendo sempre un proprio tornaconto.
L’obiettivo di Lawrence, in questo caso, mi pare chiaro anche se difficile da comprendere ad una prima visione. Giunto ormai alla conclusione che il regime di Gilead non sia più sostenibile, penso che voglia ormai distruggerlo ma dall’interno. E, come ormai abbiamo imparato grazie ad anni di onorato servizio nelle schiere dei telefili, sappiamo che per distruggere un qualcosa dall’interno bisogna essere ritenuti completamente affidabili.
Lawrence, conscio degli effetti collaterali che potrebbero derivare dal suo comportamento, sceglie questa strada. Non a caso, durante l’episodio, ripete più di una volta di voler riparare il Paese. Riferendosi, secondo me, non a Gilead ma agli USA ormai distrutti.
Certo, non abbiamo una certezza matematica di questo, ma ormai me ne sono convinta. Non ci sarebbero altre spiegazioni al suo comportamento e alla sua scelta di bombardare dei civili, se non il piano geniale di non far credere di essere dalla parte dei ribelli. Secondo me ne vedremo ancora delle belle per quanto riguarda questo personaggio, anche se non credo che sopravviverà alla stagione.
La solitudine di June
June continua il suo percorso, ormai consapevole di essere moralmente sola. I ribelli non sono chi sperava che fossero, o forse è lei a non essere più la stessa persona. June è ormai provata, non solo fisicamente. Vede il mondo intorno a lei come una minaccia da abbattere. Vede qualsiasi desiderio di normalità come una estremizzazione alla pari del regime da cui fugge. Non riesce neanche ad accettare che Jeanine faccia sesso con Steven in modo consensuale. Nella sua testa, ormai, qualsiasi cosa è violenza e, dunque, la violenza diventa l’unica arma per sopravvivere.
Nel momento in cui Jeanine le comunica che vorrebbe rimanere a vivere con i ribelli e magari avere un figlio con Steven, assistiamo ad uno dei momenti, a mio parere, più strani di tutta la serie. June, paladina dell’autodeterminazione, accusa Jeanine di essere stata plagiata da Zia Lydia e di essere inconsciamente ancora costretta nel ruolo dell’Ancella. Il semplice quanto naturale desiderio di maternità di Jeanine lascia con il dubbio che in realtà voglia farlo solo per compiacere qualcuno. Ma c’è davvero qualcuno da compiacere? Sappiamo che Jeanine è quella che ha preso nel modo peggiore il distaccamento dal bambino avuto nella prima stagione, finendo per perdere un occhio.
Non sappiamo dove sia la verità. Se nelle parole di June o in quelle di Jeanine, che accusa invece June di essere diventata, in pratica, una macchina da guerra bacchettona. Non possiamo sapere chi delle due ha ragione. Sappiamo solo che le loro vite sono ormai state irrimediabilmente compromesse e abbiamo la certezza, a questo punto, che nessuna delle due potrà mai tornare ad avere una vita normale.
When you try your best but you don’t succeed
Il finale di questo episodio rimane di una bellezza incalcolabile. June viene seguita da Jeanine, che sceglie da sola di allontanarsi dagli altri ribelli e di seguire l’amica, perché le Ancelle camminano sempre in coppia. Poco dopo, però, gli aerei di Gilead arrivano a bombardare la città, una Chicago ormai già fantasma di sé stessa.
June si risveglia dopo i bombardamenti e una colonna sonora magistrale la accompagna nella presa di coscienza.
When you try your best but you don’t succeed
Jeanine è sparita, non sappiamo che fine abbia fatto. June è confusa, si alza lentamente, ha le orecchie che fischiano. Prova ad urlare il nome dell’amica ma la sua voce è ovattata. Tutto quello che vede intorno a lei è un cumulo di polvere e macerie. In lontananza si sentono le voci dei soccorritori a cui Gilead ha concesso una tregua di 24 ore.
And the tears come streaming down your face
Forse il piano di Lawrence, saputo che June fosse a Chicago, era proprio questo. Fare in modo che incontrasse i soccorsi, che – se non fosse morta nei bombardamenti – potesse salvarsi. Una figura sfocata guarda June, ormai in piedi ma traballante.
When you lose something, you can’t replace
La figura diventa sempre più nitida. Guarda June e la sua espressione è incredula. E’ Moira, che rivede June dopo anni. Non sappiamo se June andrà con lei, purtroppo lo spero ma so che per la piega che ha preso la serie June potrebbe decidere di restare a combattere.
When you love someone, but it goes to waste
Ma, finalmente, vediamo una piccola e fioca luce, una luce che vuol dire casa, un posto dove poter tornare ad essere sé stessi.
Lights will guide you home
I will try to fix you